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2011.05.26 - Un decreto del presidente della Repubblica stabilisce che è lo Stato a dover accertare le situazioni di contaminazione ambientale, e non invece presupporre che l'inquinamento ci sia, imponendo che al privato di intervenire. È un decreto che riguarda due sole aziende di Porto Marghera, per le quali viene annullato qualsiasi procedimento avviato nei loro confronti per le bonifiche dei terreni, ma politicamente è un macigno enorme sul sistema messo in piedi sin dal 1998 per ripulire i siti inquinati in Italia. Gli avvocati Domenico Giuri e Alessandro Veronese dello studio Mda di Mestre hanno fatto il loro dovere, hanno vinto i ricorsi per conto degli imprenditori. Tutto, ora, dipende dalle istituzioni e dalle categorie economiche e sindacali: se sapranno cogliere l'occasione, potrebbe essere la volta buona per uscire dagli effetti micidiali della legge 426 del 1998, quella che ha istituito i Sin, i Siti di interesse nazionale, e dal decreto 468 del settembre 2001, che ha stilato il programma nazionale per le bonifiche e il ripristino ambientale di quei siti. Effetti micidiali perché hanno paralizzato per oltre dieci anni qualsiasi sviluppo in queste aree. Ciò che Provincia, Regione, Comune e Industriali avevano proposto alcuni mesi fa, e cioè di far uscire Mestre uscire dall'area Sin, senza però approdare a nulla di concreto, potrebbe ora diventare una realtà. Basta volerlo e fare davvero squadra. Il decreto del presidente della Repubblica, del 26 maggio scorso, riguarda la società 3V Cpm (3V Chimica Porto Marghera Spa), è basato sul parere del Consiglio di Stato del giugno 2010 che richiama un altro parere del 2008, sempre del Consiglio di Stato, su un altro ricorso presentato dall'impresa Berengo di Marghera, ma misteriosamente mai trasmesso alla Presidenza della Repubblica alla quale il privato si era rivolto. Il decreto annulla il verbale della conferenza di servizi decisoria del 5 aprile 2005, per la parte in cui impone alla 3V Cpm vari obblighi, tra cui quello di effettuare la caratterizzazione dell'intera area di competenza. Tecnicamente e molto in sintesi la cosa funziona così: il privato, invece di ricorrere al Tar, decide di rivolgersi alla Presidenza della Repubblica, la quale chiede un parere al Consiglio di Stato che analizza tutta la vicenda e risponde. È la prima volta che il Consiglio di Stato, con la sua autorevolezza, si esprime sulla questione delle bonifiche a Porto Marghera. Il parere sul caso di 3V Cpm richiama in toto quello che era stato espresso sul ricorso Berengo. Si tratta sempre di reazioni dei privati alle decisioni della Conferenza dei servizi che ha imposto caratterizzazioni, analisi, progetti di bonifica di terreni che, solo per il fatto di essere inseriti nell'area Sin, si presume siano inquinati. L'area Sin, a Mestre, copre i 2 mila ettari di Porto Marghera, ma anche vasti spazi urbani. Il problema, dunque, investe le imprese, la pubblica amministrazione e varie istituzioni che posseggono terreni. Nel 1998 ci fu la corsa a far inserire le aree nel Sin, perché la legge stabiliva finanziamenti statali, pari al 50% del costo delle bonifiche, dopo pochi anni ci fu un generale pentimento, perché soldi da Roma non se sono arrivati, e ci si è accorti che il meccanismo messo in piedi dal ministero dell'Ambiente è talmente farraginoso e costoso da impedire, nella maggior parte dei casi, il riutilizzo di aree abbandonate dalle fabbriche. Il risultato è che, nella maggior parte dei casi, è tutto bloccato e rischia di rimare così ancora per tanti anni, trasformando Porto Marghera in un deserto buono al massimo per trattare rifiuti, e condannando la città a diventare sempre più povera. Quanto alle bonifiche, l'unica opera davvero corposa è il marginamento che il Consorzio Venezia Nuova, su incarico del Magistrato alle Acque, sta completando: si tratta della "grande muraglia" attorno alla zona industriale per impedire che i veleni sotterrati finiscano in laguna attraverso le falde acquifere. In tutti gli atti, anche nelle transazioni con i privati, lo si definisce "intervento di emergenza", in realtà secondo molti tecnici non lo è, perché non c'è nessuno che continua a buttare veleni in acqua, ma si tratta di una contaminazione storica avvenuta in decenni di produzioni inquinanti. Visto che si parla di "emergenza", comunque, un'altra sentenza del Consiglio di Stato, la n. 2249 del 12 aprile scorso, che riguarda un caso pugliese, stabilisce che il ministero dell'Ambiente è incompetente. Un altro ostacolo che rischia di complicare ancor di più la situazione e che solo un'intesa politica, invece, potrebbe risolvere.

Domenica 26 Giugno 2011, [Fonte - il Gazzettino.it]

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